Coniare nuovi appellativi, o nuove etichette, è un'impresa complicata e quasi sempre futile. Eppure sarebbe giusto trovare una definizione per quelle personalità artistiche che riescono a essere creative in settori molti diversi: non solo pittura, architettura, artigianato, ma fotografia, cinema, televisione, design; e che sarebbe ingiusto definire esclusivamente come "pittori", "designer", "grafici". Una di queste personalità è appunto Armando Testa, artista dotato di vivaci e robuste qualità pittoriche, nonché uno dei primi ad aver utilizzato sapientemente la fotografia e il fotomontaggio; ma, soprattutto, prestigioso creatore di immagini, inventore di paradossi visivi e, in definitiva, quello che mi piacerebbe definire "visualizzatore globale" dei rapporti tra uomo e mondo, tra produzione e consumo, tra creatività "pura" e creatività finalizzata a uno scopo. Sarebbe ingiusto considerare Testa soltanto come uno dei nostri migliori graphic designer (grafici); ma sarebbe anche improprio volerlo circoscrivere nella categoria paludata della Grande Pittura. La peculiarità della sua opera - d'una vastità enciclopedica e difficile da riassumere a parole - è proprio quella di situarsi fuori da ogni schema: fuori dalla estenuata rigorosità del graficismo elvetico, fuori dalla sublime compostezza del lettering anglosassone, fuori dalla grossolanità consumistica di molta pubblicità italiana, ma capace di far proprie ognuna di queste diverse categorizzazioni se lo richiede il suo lav...
Coniare nuovi appellativi, o nuove etichette, è un'impresa complicata e quasi sempre futile. Eppure sarebbe giusto trovare una definizione per quelle personalità artistiche che riescono a essere creative in settori molti diversi: non solo pittura, architettura, artigianato, ma fotografia, cinema, televisione, design; e che sarebbe ingiusto definire esclusivamente come "pittori", "designer", "grafici". Una di queste personalità è appunto Armando Testa, artista dotato di vivaci e robuste qualità pittoriche, nonché uno dei primi ad aver utilizzato sapientemente la fotografia e il fotomontaggio; ma, soprattutto, prestigioso creatore di immagini, inventore di paradossi visivi e, in definitiva, quello che mi piacerebbe definire "visualizzatore globale" dei rapporti tra uomo e mondo, tra produzione e consumo, tra creatività "pura" e creatività finalizzata a uno scopo. Sarebbe ingiusto considerare Testa soltanto come uno dei nostri migliori graphic designer (grafici); ma sarebbe anche improprio volerlo circoscrivere nella categoria paludata della Grande Pittura. La peculiarità della sua opera - d'una vastità enciclopedica e difficile da riassumere a parole - è proprio quella di situarsi fuori da ogni schema: fuori dalla estenuata rigorosità del graficismo elvetico, fuori dalla sublime compostezza del lettering anglosassone, fuori dalla grossolanità consumistica di molta pubblicità italiana, ma capace di far proprie ognuna di queste diverse categorizzazioni se lo richiede il suo lavoro. Per cui avremo, accanto a un Testa raffinatissimo "artista concettuale", che si diverte a inventare metafore visive per i suoi auguri natalizi, un Testa fecondo esecutore di cartelloni popolareschi immediatamente accettabili e comprensibili alle "masse" (e quindi spesso conditi da un sapiente Kitsch); e finalmente un Testa pittore moderno, padrone di tecniche aggiornate e insieme esecutore felice di ampie stesure cromatiche, che - se non avesse dovuto destinare buona parte del suo tempo e della sua energia ad altri settori- sarebbe probabilmente riconosciuto come uno dei più sicuri realizzatori di opere pittoriche a cavallo tra naturalismo e astrazione; forse come uno dei pochi interpreti nostrani di un filone situabile tra action painting e espressionismo astratto. Ho scritto, forse incautamente, la parola "astratto". Ecco un punto da cui partire per cercar di spiegare e giustificare tutta la vicenda artistica di Armando Testa. Se riandiamo a epoche molto lontane, a uno dei primi lavori grafici dell'artista, troviamo per l'appunto una pubblicità per la ICI, nientemeno che datata 1937, consistente in una sagoma geometrica appuntita e ripiegata a formare una sorta di superficie sghemba e che non sarebbe dispiaciuta agli artisti della Konkrete Kunst svizzera (a un Bill, a un Lohse, a un Huber). Ecco, dunque, una precocissima adesione di Testa all’astrattismo geometrico e alla pittura concreta. Ma la vena di Testa non era certo fatta per lasciarsi arginare da simili schematismi formali. Già nei suoi cartelloni per la XVII Olimpiade (1959) fa la sua comparsa l’uso integrato di fotografia e disegno (o pittura) che dominerà poi per parecchi decenni la sua produzione grafica, offrendo risultati sapientissimi come – per non fare che pochi esempi – l’Elefante Pirelli, del ’54, il Collirio Stilla, del ’68, la serie dei manifesti per Citterio, del 1974-75, ecc. Non posso seguire passo passo le infinite tappe dell’attività di grafico e pubblicitario di Testa. Citerò appena le campagne per Baratti & Milano, per Carpano, per il Caffè Paulista, per la Saiwa, o per la Simmenthal… e quel manifesto – talmente famoso da essere ormai un classico non solo italiano ma internazionale – per il Punt e Mes Carpano. Testa ha fatto ampio uso della fotografia, del fotomontaggio, dell'immagine unita allo scritto, ma anche di aggiunte pittoriche e addirittura, come nella bellissima serigrafia del Gufo, dell'incontro di elementi disegnati, dipinti e di inserzioni fotografiche (fari di automobile al posto degli occhi) e persino - nella serie per il Caffè Paulista (Caballero e Carmencita) e in quella per gli assorbenti infantili (Pippo) - di immagini tridimensionali e semoventi, ai fini delle trasmissioni televisive. Ad ogni modo, a prescindere da personali preferenze, mi preme ancora una volta di ribadire che Testa - lo si voglia considerare "pittore", "grafico" o "visualizzatore globale" (forse l'unica definizione che gli si addica veramente) - rimane una delle forze espressive più genuine del nostro paese: nella sua costante volontà di comunicare al prossimo - al "grande prossimo" dei mass media, come al "piccolo prossimo" dell'élite culturale - il suo complesso e sempre avvincente messaggio visivo: un messaggio che è insieme persuasivo e artistico.
Armando Testa: visualizzatore globale – di Gillo Dorfles